Prima di Canva: quando la grafica era una questione (vera) di progettazione

Com’era progettare negli anni ’90, prima del drag & drop e delle AI creative?

Un viaggio nostalgico nella grafica pre-digitale: tra righelli, gabbie e creatività dentro i limiti.

Benvenuti negli anni ’90: quando il design era (molto) meno accessibile

Siamo negli anni ‘90.
Niente Canva, niente Figma, niente AI.


Per realizzare un volantino, una rivista o una locandina, servivano tecnica, pazienza e attrezzatura professionale. Non esisteva ancora il concetto di “design democratico”.

  • Il layout si faceva a mano, con righelli, squadre e carta millimetrata.
  • Le gabbie erano rigide e il margine d’errore era zero.
  • Il testo si impaginava con i fotocompositori, e ogni modifica richiedeva ore.

Il fascino (e il terrore) della progettazione analogica

Progettare significava ragionare prima di agire. Ogni scelta era vincolata da:

Spazi fisici

I font erano su pellicola, le immagini stampate e scansionate.

Limiti tecnici

Risoluzione, costi tipografici, separazioni di colore.

Tempi lunghi

L’impaginazione era spesso un lavoro corale tra più professionisti.

🎯 Il margine di sperimentazione era ridotto, ma proprio per questo si innovava dentro i limiti.

💡 Come si preparava un file per la stampa negli anni ’90?

Dimentica il tasto “Esporta PDF pronto per la stampa”. Negli anni ’90, preparare un file per la stampa offset richiedeva precisione tecnica e conoscenze tipografiche avanzate.

Crop marks (i “crocchetti”)

Le crop marks, o linee di taglio, venivano aggiunte manualmente, spesso disegnate su fogli trasparenti sovrapposti all’impaginato. Servivano a indicare dove il tipografo doveva tagliare il foglio stampato.
Oggi ci pensa InDesign in automatico. All’epoca, bastava sbagliarle di un millimetro e la pagina era da rifare.

Abbondanze (bleed)

Ogni immagine o colore a fondo pieno doveva “sforare” almeno di 3-5 mm oltre il margine della pagina per evitare bordi bianchi imprevisti dopo il taglio.
Questa abbondanza era tracciata a mano, spesso segnata con nastro adesivo colorato direttamente sul layout fisico o sulla pellicola fotografica usata per l’incisione delle lastre.

Separazione dei colori in CMYK


La stampa offset a colori richiedeva la scomposizione manuale del progetto in quattro canali: ciano, magenta, giallo e nero.
Ogni colore veniva elaborato separatamente e fotografato su pellicole trasparenti che poi servivano per incidere le lastre di stampa.
Se un colore era fuori registro di un millimetro, l’immagine finale risultava sfocata o “sdoppiata”.

📎 Fun fact:
Alcuni designer creavano le separazioni direttamente da Photoshop 3.0 (uno dei primi a supportare il CMYK), ma il file andava poi masterizzato su CD e spedito al tipografo. Niente email, niente cloud.

Gabbie rigide, ma idee flessibili: la creatività nasce dalla restrizione

Le griglie e le gabbie editoriali non erano un limite, ma una guida alla chiarezza.

Il graphic design dell’epoca si basava su principi solidi di equilibrio, ritmo e leggibilità.

🗞️ Pensa ai layout delle riviste come The Face o Ray Gun: ogni vincolo diventava occasione per osare con tipografia sperimentale, composizione decostruita e collage digitali primitivi.

👉 Questi designer non avevano Canva, ma avevano visione.

E lavoravano ore su dettagli che oggi gestiamo con uno slider.

I software c’erano (ma non erano per tutti)

Photoshop esisteva già, certo.

Ma:

  • Era carissimo.
  • Richiedeva formazione specifica.
  • I computer avevano tempi di rendering eterni.

👉 Non esistevano modelli predefiniti o “trascina e rilascia”.

Ogni progetto andava pensato, preparato e lavorato pixel per pixel.

Cosa ci insegna tutto questo oggi?

In un’epoca in cui tutti possono creare qualcosa di visivamente accattivante, è fondamentale ricordare cosa significa progettare davvero.

Significa comprendere la struttura, la coerenza visiva, la gerarchia delle informazioni.
Significa saper lavorare con i vincoli, e trasformarli in soluzioni creative.
Significa dare valore al pensiero progettuale, non solo all’estetica finale.

Oggi Canva ha democratizzato il design. Ma è importante non confondere accessibilità con competenza.

Tutti possono “fare grafica”. Ma non tutti sono grafici.

Strumenti come Canva, Figma o Adobe Express permettono di realizzare contenuti gradevoli in pochi clic, ed è senza dubbio una conquista. Ma progettare non è (solo) trascinare elementi su una tela virtuale.

I veri grafici esistono ancora, e oggi sono più indispensabili che mai.
Sono quelli che conoscono la teoria del colore, la tipografia, la progettazione dei layout.
Quelli che sanno perché qualcosa funziona, non solo come farlo apparire bene.

Oggi questi professionisti non sono stati sostituiti dai tool: li usano, sì, ma come potenziamento delle loro competenze.

Perché dietro ogni interfaccia intuitiva ci sono ancora le stesse regole del design… quelle che si usavano già quando si progettava con gabbie rigide e righelli millimetrati.

👉 Progettare oggi è (per fortuna) più veloce.

Ma la qualità, quella vera, richiede ancora studio, consapevolezza e occhio critico.