Il copywriting è uno dei mestieri più longevi del marketing, ma oggi è anche tra i più discussi. Con l’arrivo dell’intelligenza artificiale generativa, che scrive articoli, post e campagne in pochi secondi, la domanda sorge spontanea: ha ancora senso il lavoro del copywriter?
Dal copywriting tradizionale al digitale
Negli anni, il copywriting ha cambiato pelle.
Dalle headline pubblicitarie degli anni ’60 ai claim televisivi, fino ai microcopy dei bot e alle CTA dei social: il copywriter non è più solo un “redattore”, ma un architetto della comunicazione. Il suo compito è tradurre strategia, valori ed emozioni in parole che persuadono e restano impresse.
Il digitale ha ampliato le possibilità: oggi scrivere non significa più solo creare slogan, ma ideare interi ecosistemi narrativi che si estendono tra siti, social, newsletter e campagne multicanale.
AI vs Copywriter: due approcci a confronto
L’arrivo dell’intelligenza artificiale ha introdotto nuove modalità di produzione dei contenuti.
Ma le differenze tra l’AI e il lavoro umano restano evidenti:
AI Copywriting
- Produce testi velocemente, su larga scala
- Economico e disponibile 24/7
- Output spesso simile e standardizzato
- Rischio di errori e informazioni non verificate
Copywriting umano
- Produce testi mirati e strategici
- Richiede tempo e competenze professionali
- Originalità, creatività, tono di voce unico
- Ricerca, esperienza e sensibilità culturale
👉 Il punto è chiaro: l’AI accelera la produzione, ma il copywriter dà senso, direzione e valore alle parole.
Un’ulteriore riflessione
Come abbiamo già detto anche nell’articolo [Intelligenza Artificiale nel lungo termine: rischi, limiti e il ruolo insostituibile dell’uomo], l’AI rischia di entrare in un circolo vizioso: se si nutre solo di contenuti generati da AI, la qualità complessiva diminuisce.
Lo stesso vale per il copywriting: senza supervisione e creatività umana, i testi diventano sempre più piatti, meno utili e privi di reale profondità.
Perché il copywriting resta insostituibile
Scrivere bene non significa solo riempire righe di testo. Il copywriting è:
- strategia, perché dietro ogni parola c’è un obiettivo preciso;
- empatia, perché un testo efficace parte dalla comprensione del pubblico;
- psicologia, perché le parole influenzano emozioni e decisioni.
Un’intelligenza artificiale può simulare il tono di voce, ma non l’esperienza vissuta da un umano. Non può interpretare le sfumature culturali, leggere il contesto sociale o cogliere l’ironia. E soprattutto, non può sostituire il pensiero critico che trasforma un testo in un messaggio capace di convincere, emozionare e vendere.
📸 Immagine suggerita: brainstorming di agenzia con post-it colorati e persone che discutono davanti a una lavagna.
Una collaborazione, non una sostituzione
Il futuro del copywriting non è uno scontro tra uomo e macchina, ma una collaborazione.
L’AI può aiutare a velocizzare le fasi operative, generare idee di partenza o scrivere bozze rapide.
Ma il copywriter resta colui che garantisce creatività, coerenza e autenticità.
In altre parole: l’AI può fornire la base, ma è il copywriter a trasformarla in comunicazione efficace.
Serve ancora un copywriter?
La risposta è semplice: sì, più che mai.
In un mondo di contenuti generati in automatico, il copywriter è la bussola che distingue un messaggio qualunque da una comunicazione memorabile.
L’intelligenza artificiale è un alleato prezioso, ma il cuore del copywriting continuerà a battere umano. Perché le parole contano, ma le persone ancora di più.